“Si sa, se il collega prende l’Audi Q5, la prendo anch’io”. Luigi Sesana, il Country Head di Fleet Logistics Italia, gestisce innumervoli car policy e riconosce che l’emulazione ha sempre avuto la sua parte nella scelta dell’auto aziendale. Le mode, che si tratti delle raffinate passerelle Milanesi o delle noiose car list aziendali, ci piacciono, ci riguardano e guai se non fosse così.
“Si sa, se il collega prende l’Audi Q5, la prendo anch’io”.
Nulla di nuovo insomma, ma questione interessante se pensiamo alle valutazioni di status che si celano dietro la scelta dell’auto aziendale, ed in particolare di quelle elettriche.
“Cosa diranno di me se sono tra i pochi a scegliere l’elettrico? Non sarà meglio allinearmi con gli altri?”. Una pensata la fanno tutti alla fin fine. L’ha fatta persino Luigi!
Tant’è che abbiamo assistito negli ultimi anni al trend modaiolo per le ibride plug-in, facendo l’occhiolino alla sostenibilità, piaceva l’idea di avere tanti cavalli sotto al confano e l’ultimo grido di tecnologia automobilistica nel garage aziendale. Senza giudicare se è stato un bene o un male, c’è indubbiamente stato un desiderio di emulazione piuttosto evidente tra le gerarchie aziendali. Basti pensare che nel 2022 il 27% degli ordini passati da Fleet Logistics erano per vetture ibride.
Sta di fatto che in Italia le vendite delle BEV sono trainate dalle car policy aziendali e ahimè, paesi simili al nostro come la Francia e la Germania hanno una penetrazione di elettriche significativamente superiore. Sarà il fattore moda che non è scattato da noi? O c’è dell’altro?
“Ma no, dai, non abbiamo l’anello all’occhiello! E’ che manca la fiducia nel sistema paese ad installare una rete di ricarica capillare”.
E’ vero che nutriamo sfiducia nel sistema, ed un limite ingombrante, ma questa decade è indiscutibilmente quella dell’elettrificazione. Non lo diciamo noi, o il governo, lo dicono tutti clienti che Luigi incontra, i quali hanno un obiettivo di sostenibilità calato sulla flotta aziendale. Come raggiungerlo pare un miraggio ed è un ambito in cui di fatto tutti fanno un pò fatica. In effetti l’affare si complica a metterci le mani.
Partiamo allora da un’idea semplice e arci-conosciuta: l’italiano è bravo ad arrangiarsi, molto bravo.
“Chi fa da sè fa per tre” parte proprio da qui il suggerimento di Fleet Logistics. Far da sè per non essere fuori moda. Sembra un gioco di parole. In effetti è tutta una questione di comunicazione.
Fissiamo alcuni punti:
1) Installare la ricarica da casa è far da sè, significa autonomia dal sistema
2) Essere il dipendente incluso tra quelli che godono del benefit della ricarica a casa, significa essere tra coloro che hanno scelto
Proviamo a pensare alla comunità aziendale che ha la ricarica a casa, “la community di ricaricatori” al posto che immaginare un singolo. Questi permettono all’azienda di riuscire ad elettrificare, almeno una parte della flotta, saltando la polemica della sfiducia verso il sistema pubblico di ricarica che è un primo obiettivo rilevante. Chiamarla “community” è l’idea di contribuire collettivamente, assieme ai propri pari, a far funzionare qualcosa che altrimenti, secondo tutti, non funziona. C’è una bella differenza.
Intuite la sottigliezza comunicativa: non è questione di comunicare che ognuno fa il suo per cercare di contribuire, ma che assieme certamente contribuiamo. Sottende il concetto di un indirizzo comune, di un gruppo che agisce, di cui è molto meglio far parte che non far parte. Parafrasando è il fattore moda.
Ecco dunque la “Italian Way”. Comunicata così piace diventa una moda, in senso positivo, che è quello di cui le aziende hanno bisogno per raggiungere degli obiettivi difficili, è il conivolgimento.
“Se il collega mette la wall box, la metto anch’io”, si dirà al caffè. Sì perchè dare la ricarica a casa, la wall box, è un bel benefit, ha un’ottima risonanza, è facile capirlo, piace moltissimo a chi vi aderisce perchè la “comunity di ricaricatori” pagherà un fringe benefit molto più basso, avrà auto all’ultimo grido, più prestazionale, ottiene un upgrade della propria abitazione, e cigliegina sulla torta, addio al borbottio del vecchio motore diesel e benvenuto il silenzio dell’elettrico. Tutto molto patinato, ammettiamolo, ma perchè non approfittarne.
Insomma, un bel progetto anche perchè la wall box a casa ci resta. Non bisogna cambiarla per anni, è come lo scaldabagno, sono oggetti semplici, sicuri e duraturi. Una volta installate sono fedeli ricaricatori. Esattamente quello di cui abbiamo bisogno per arrangiarci, è solo questione di iniziare da una comunicazione alla Italian-way e...di budget.
“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, molto vero e lo sappiamo molto bene in Fleet Logistics. Non è semplice organizzare la ricarica da casa, ma oggi più di un paio di anni fa, si può fare. Il budget non è stellare ma non è nemmeno zero. I contributi che vediamo erogati dai nostri clienti ai dipendenti vanno da 500€ a 2.000€ ad installazione a seconda di quanto l’azienda crede e accellera sull’elettrificazione, corredata da una serie di condizioni di sicurezza.
Il concetto della “community di ricaricatori” è una strada, non l’unica, ma è percorribile e tuttosommato, una volta installata, la wall box diventa un punto fermo in una strategia dai mille ripensamenti.
Per la cronaca, Fleet Logistics, non vende wall box e nemmeno energia, però gestisce processi complessi integrando più fornitori forti di una posizione di neutralità sul mercato. Diciamo che diamo una mano ai nostri clienti.